Perché oggi stiamo anche dalla parte di Croati, Bosniaci ed Albanesi del Kosovo.
Con orgoglio e determinazione intendiamo rispondere all'articolopubblicato da Giovanni Lindo Ferretti su Ultime Notizie Reggio. Orgoglio di non riconoscerci in quegli europei "educati civili, sterili e igienici, destinati all'ingrasso, alle diete, alla produzione, al consuma e crepa". Determinazione nel ribadire che nell'Emilia Romagna ed in Italia, altri cittadini possono e sanno esprimere idee diverse da quelle espresse da Ferretti, a cui uniscono un impegno di energie proprio di chi "serba nel cuore altre legittimità" rispetto all'attuale situazione nella penisola balcanica.
Per questo abbiamo appena fondato A.D.A. l'Associazione Danubio Adriatico, che per l'esperienza dei suoi membri in questa partedi pianeta, intende sviluppare progetti di scambio e approfondimento culturale con l'area dell'ex Jugoslavia e non solo.
Pensiamo che l'esplodere del conflitto nel Kosovo e nella ex Jugoslavia sia da ricondurre ad un complesso di fattori, sviluppatisi attraverso una profonda crisi politica e economica, che negli anni ottanta è sfociata in un esasperante nazionalismo delle Repubbliche appartenenti alla Federazione della ex Jugoslavia, unitamente a forti pressioni esercitate dagli interessi economici di alcuni paesi occidentali (non ultimo il commercio delle armi).
Come esempio esplicativo ricordiamo il Memorandum dell'Accademia delle Scienze e delle Arti di Belgrado pubblicato sul quotidiano Vecernje Novosti il 24-9-1986, dove veniva esaltato "il popolo celeste", che divenne presto il manifesto per la creazione della Grande Serbia. Molti dirigenti socialisti della ex-Jugoslavia condannarono questo documento, ma non il futuro presidente serbo Slobodan Milosevic.
Nell'articolo pubblicato, il rocker reggiano giudica aspramente i paesi coinvolti nella catastrofe della ex-Jugoslavia: così i croati diventano i peggiori della guerra ed i bosniaci "nel ruolo imposto-accettato (?) di vittime sacrificali, addirittura insopportabili".
Ma i cattivi non sono mai da un'unica parte. Nella stessa Serbia coesistono forze umane ed intellettuali di grande spessore (solo a titolo di esempio citiamo i giornalisti belgradesi Stojan Cerovic, Mirjana Tomic e Milos Vasic), forze spesso perseguitate e imprigionate esclusivamente per le loro idee, a cui si affiancano foschi criminali di guerra (come il comandante Zeliko Raznjatovic detto "Arkan" ex ultras della squadra di calcio Stella Rossa di Belgrado).
Esempi altrettanto contraddittori possono essere fatti per la realtà Croata e Bosniaca. Ma il cantante del Consorzio Suonatori Indipendenti diventa involontariamente comico quando ci informa che "Non (lo) spaventa più la guerra". Allora evidentemente sono la complessità e la profondità di giudizio i grandi assenti dall'articolo a cui vogliamo rispondere.
Non è poca cosa.
Questo fustigatore delle democrazie occidentali, prima disostenere che i serbi sono "uomini e donne liberi e fieri",
dovrebbe considerare con un pizzico di attenzione la situazione dei serbi dissidenti, ed i rapporti di Amnesty International in proposito perché nei fatti il governo serbo è assimilabile a una dittatura.
A noi l'articolo di Ferretti è parso criticabile più che per i contenuti (comunque discutibili), in particolare per il metodo con cui si è voluta stendere un'analisi superficiale.
Ne è scaturita una zuppa indigesta in cui navigano frammenti ossidati di Mishima e rimasugli rosicchiati di Marinetti, si veda in particolare dove la rockstar reggiana scrive "Coraggio uomini e donne di Serbia impastati di anima e sangue, uomini e donne liberi e fieri, può capitare che oggi sia una buona giornata per morire".
Viene da chiedersi di cosa siano "impastati" gli uomini e le donne degli altri paesi.
Viene anche da chiedersi che cosa se ne fanno gli uomini e le donne di Serbia, dell'esortazione dell'Angelo Nero di Cerreto Alpi: "Oggi è una buona giornata per morire".
Qui ci si vuole evidentemente buttare a peso morto dalla parte dei "cattivi", usando frasi ottime per una canzone ma pessime per un articolo. Ma noi, signor Giovanni, sapevamo già che i serbi non sono cattivi, così come sappiamo che i croati non sono peggiori e i bosniaci non sono insopportabili... Però stupisce che Lei non trovi una parola di compassione e comprensione per chi ha perso tutto, per i profughi del Kosovo, per chi fugge da quello che, Lei ci informa, non la spaventa, ma che evidentemente spaventa una enorme massa di umani. A noi interessa adesso aprire un dibattito e coinvolgere proprio loro, i nostri comuni amici, bosniaci, serbi, croati ed albanesi, mostrare loro il suo intervento, la nostra risposta e continuare a discutere.
Siamo un'associazione culturale e le idee ci interessano.
(Associazione Danubio Adriatico)
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