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Linea di confine - Diario di Mostar
(1998/2000) di Davide Ferrario - 60'
Si è svolto in questi giorni a Roma "Arcipelago", l'ottava edizione del festival internazionale di cortometraggi e nuove immagini.
Veniamo a sapere che l'8 Giugno, dopo la premiazione finale, verrà proiettato "Linea di confine - Diario di Mostar" un documentario di Davide Ferrario, del quale sappiamo quasi solo il titolo.
Sembra essere un'idea interessante, soprattuto per rivedere i CSI di due anni fa quando, in viaggio per la Bosnia, erano ancora tutti insieme.
Il documentario viene proiettato a sera tardi e la sala è mezza vuota. Ad un tratto appare timidamente Davide Ferrario, si siede ad un tavolino sotto lo schermo cinematografico ed inizia a parlare.
Ci spiega che le immagini risalgono al Giugno '98, quando solo lui e altre due persone della troupe seguirono i Csi in Bosnia, per filmare i due concerti che i Csi avrebbero tenuto a Mostar. Guarda caso stasera è l'8 Giugno, ci fa notare Ferrario, e proprio due anni fa si ricorda di essersi messo in viaggio. Il documentario è qualcosa di insolito, Ferrario infatti ha deciso di commentare le immagini in diretta e di non incorporare il commento nel sonoro. Risultato: bellissimo l'effetto della diretta, ma per ovvi motivi il filmato non potrà essere mai gustato a casa propria in videocassetta o altrove. Il documentario sarà solo proiettato in una ventina di città italiane durante i prossimi mesi, poi basta. Una presenza forte ma solo passeggera.
Partono le immagini, si intravedono mare e ombrelloni ripresi da un treno che corre: si capisce subito che siamo in Italia, lungo la costa Adriatica. I CSI sono in viaggio verso Ancona, da li` la nave per Spalato, una notte di navigazione e si arriva in Croazia.
La mattina successiva ecco il pullman per Mostar, la strada si avvia verso l'entroterra, tortuosa.
File di camion e poi la frontiera: siamo in Bosnia. Le immagini ci mostrano i CSI in viaggio, stanchi ma ansiosi di arrivare; Giovanni li aspetta già a Mostar, dove è arrivato qualche giorno prima. A un tratto la normalità del paesaggio viene interrotta dalle prime case distrutte, tetti scoperchiati, muri crivellati, villaggi deserti: qui la guerra è passata da poco. Le immagini saltellanti riprese dal pullman parlano da sole, solamente però se si riesce a cancellare la cornice dello schermo cinematografico che vuole farci sembrare tutto lontano, distante, irreale.
Periferia di Mostar, tutto appare tranquillo, ma allora perchè c'è la scorta dei soldati della Sfor? Perchè l'occhio della telecamera non può fare a meno di riprendere stormi di elicotteri che sorvolano la città?
Il filmato scorre benissimo, tutto si amalgama alla perfezione, il commento di Ferrario, le voci dei Csi, i suoni della strada e le musiche, sempre presenti, in sottofondo o forti in primo piano.
Mostar è una città divisa in 3 parti: la zona ovest (croata), la zona est (musulmana) e la zona neutra, ovvero la terra di nessuno. I confini non sono visibili agli occhi, ma si sentono sulla pelle: soprattutto per chi ci vive non c'è affatto bisogno di indicazioni, le case sono state conquistate stanza per stanza e nessuno può scordarsi da dove sparava un cecchino o dove è esplosa un granata.
Ferretti dice:"Non fidatevi di nessuno, qui ognuno vi racconterà storie terribili, da una parte e dall'altra". Ma qui i CSI sono venuti per suonare, per dare un messaggio forte alla città, che di musica non ha più sentito parlare da prima dello scoppio della guerra. Ai ragazzi di Mostar infatti l'idea che tra pochi giorni ci possa essere un concerto in città appare semplicemente "non credibile". I manifesti del tour di Tabula Rasa sparsi per i muri della città fanno uno strano effetto. I CSI faranno due concerti: uno a ovest, nello stadio cittadino, e un altro a ovest, nel centro storico della città, vicino al famoso ponte buttato giù durante la guerra.
Fare un unico concerto, come l' Europa per bene avrebbe voluto, non è pensabile; la zona neutra, poi, unico luogo "politicamente corretto" non è sorvegliata, e suonare li` sarebbe troppo pericoloso. La grande opportunità che hanno i CSI è quella di "non dover scegliere con chi stare", di non dover schierarsi con nessuno, ma di portare invece la musica a tutta la città.
Il giorno del primo concerto il cielo slavo del sud non è affatto pieno di grazia, ma minaccia un fortissimo acquazzone. Infatti, pochi minuti prima dell'inizio dello spettacolo una pioggia fortissima manda a monte tutta la serata.
Ci si riprova il giorno dopo, sempre nello stadio ad ovest, uno stadio con una storia particolare: durante la guerra veniva usato come luogo di smistamento per prigionieri che stavano per essere mandati nei campi di concentramento.
La telecamera fa un panoramica della città, tante case, alberi tutto intorno, la visuale è su tutta la vallata, ad un tratto il cameramen inquadra il luogo da cui sta riprendendo; alla base della macchina da presa Ferrario raccoglie una manciata di proiettili, il suo commento è istintivo: "vedi", dice, "le telecamere e i cecchini cercano gli stessi punti di vista". In sala parte un applauso spontaneo.
I CSI, dicevamo, riprovano a suonare il giorno dopo, ma anche stavolta ricomincia a piovere.
Adesso però interviene Ferretti che, nonostante sia preso in giro da tutti, appende sul palco in funzione anti-pioggia le sue criniere di cavallo mongolo; poco dopo l'effetto sperato è stato ottenuto e la pioggia è cessata. Suonano prima dei gruppi locali, felicissimi di avere a
disposizione dei veri strumenti, degli amplificatori e delle luci tutte per loro; poi è la volta del Consorzio.
Gli spalti dello stadio sono praticamente vuoti ed è duro suonare in un luogo del genere: il cemento grigio e la voce aspra di Ferretti si scontrano a lungo.
Lontano dei ragazzi fanno una partita a calcio nel fango, ascoltano sicuramente i suoni del palco, anche se non li sentono.
Il batterista dei CSI, Gigi Cavalli Cocchi, ci racconta che un ragazzo di uno dei gruppi che si è esibito quella sera ha riconosciuto nel volto del bassista di un altro gruppo gli occhi dell'uomo che era stato il suo carceriere durante la guerra e che l'aveva tenuto prigioniero per giorni proprio in quello stesso stadio. Storie che fanno riflettere.
Il giorno successivo si suona nella parte est.
Nel pomeriggio la troupe va a chicchierare con il capitano italiano De Ghigi, della Sfor. I militari, ci dice De Ghigi, sono li` per riportare la pace, per mantenere la situazione sotto controllo; poi il capitano viene provocato con un po' di considerazioni critiche sul loro ruolo in Bosnia, lui risponde astutamente ed è abile, ma alla fine della conversazione la sua professionalità rassegnata non può che preoccuparci.
La sera i CSI suonano davanti a molte persone, il clima è allegro e "Fuochi nella notte" fa ballare tutti, sul palco e non; sembrerebbe quasi un concerto "normale", se non fosse per i resti di macerie al lato della piazza.
Ferrario conclude il suo docuementario con un'immagine filmata il giorno della partenza da Mostar: un uomo ad ovest che fa jogging nello stadio vuoto. L'uomo corre, corre, in circolo, sembra non fermarsi mai, è poco affaticato e appare allenato; va avanti, corre ancora. Conclude Ferrario: "quest'immagine mi piaceva e l'ho filmata, ma non so il perchè, mi fa venire in mente un pensiero non chiaro, che forse solo un giorno riuscirò a capire".
Quell'uomo starà ancora correndo?
Mao