C.S.I. CONSORZIO SUONATORI INDIPENDENTI
MACISTE CONTRO TUTTI


di Stefania Sandrolini e Vittorio Amodio

I CCCP hanno rappresentato qualcosa di unico nello lo stantio panorama discografico italiano degli anni ottanta. Per coloro che li hanno amati la notizia del loro scioglimento ha avuto lo stesso effetto, doloroso ed inaspettato, di una martellata su un pollice. Quindi, dato che erano moltissimi quelli che non avevano accettato il loro repentino trarsi in disparte, è ovvio che l'annuncio del ritorno sulle scene di Massimo Zamboni e Giovanni Lindo Ferretti sia stato accolto come un evento. In tempi più recenti (vedi il numero di Marzo/Aprile 1992) i due avevano caricato le loro esperienze passate sul forte dorso di un "mulo" ed avevano iniziato la dura strada del produttore, pubblicando i dischi di Ustmamò e Disciplinatha. Poi, finalmente, la voce di un loro possibile ritorno sul palcoscenico si è fatta più insistente ed è stata confermata, nello maggio scorso, da un comunicato stampa diffuso dal Centro per l'arte Luigi Pecci di Prato, uno degli enti organizzatori del prestigioso Festival delle Colline, la manifestazione grazie alla quale l'attesa performance è stata realizzata. La presentazione contenuta nella cartelletta dice testualmente: "I Dischi del Mulo scende la collina con la sua 1a Compagnia - vedo la (...) al calar del Mondo, Feticcio dal color losco. Progresso ti riconosco, ho il tuo marchio impresso in Fronte". Lo strano messaggio reca la firma dei due ex-CCCP, Patti Vizir, Marco Lega, gli Ùstmamò e i Disciplinatha con la dovuta partecipazione di Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli e Giorgio Canali. Un supergruppo di artisti, occasionalmente, impegnati in "Maciste contro tutti", voce-suono-rumore.
L'invito, originariamente, era per il luglio scorso, ma una indisposizione di Ferretti ha fatto slittare l'appuntamento a pochi giorni fa; al 18 settembre, per essere esatti. Prima dell'"evento" ho la possibilità di chiacchierare un po' con Massimo Zamboni e naturalmente ne approfitto per rivolgergli alcune domande.


S.S.: Cos'è "Maciste contro tutti", a parte il titolo di una canzone compresa nel testamento discografico dei CCCP, il doppio "Epica Etica Etnica Pathos"?

M.Z.: E' togliersi una voglia! La voglia di tornare su un palcoscenico dopo due anni in cui non avevo toccato la chitarra, che era rimasta appesa al classico chiodo, dove l'avevo lasciata. E' anche togliersi la voglia di suonare con delle persone con le quali ho vissuto delle belle storie; alcune più vecchie come i CCCP con Giovanni o "Epica, Etica,..." con Francesco e Gianni, altre più recenti come con gli Ustmamò ed i Disciplinatha. L'idea di "Maciste contro tutti" è quella di fare un kolossal, cioè presentare, finalmente, una serie di canzoni che hanno, secondo noi, le caratteristiche del kolossal. Brani in cui c'è passione, amore, tradimenti, ecc...

S.S.: Le canzoni saranno nuove o vecchie?

M.Z.: Rigorosamente vecchie! Fare delle canzoni nuove vorrebbe dire avere davanti delle svolte di un qualche tipo; significherebbe, perlomeno, fare un disco o un gruppo nuovo o cose del genere. "Maciste contro tutti". invece, è proprio togliersi una voglia e salutare chi ci ha seguito quando eravamo CCCP e segue ancora oggi la nostra attività all'interno dei "Dischi del Mulo". Le tentazioni, a dir la verità, sono tante, ma ancora non c'è niente in vista!

S.S.: Come avete scelto le canzoni che suonerete?

M.Z.: Alcune sono state scelte da noi, altre da Giorgio, Francesco e Gianni. Da parte mia e di Giovanni tutte quelle canzoni il cui apice è appunto "Maciste contro tutti", cioè i brani più recenti. Gli altri hanno dimostrato di avere più voglia di noi dei vecchi CCCP e si sono sbizzarriti a passare in rassegna il repertorio più datato. Tutto ciò che è stato scelto, però, si presta ad essere eseguito sul palco e, finalmente anche dal vivo, suoneremo con batterista e percussionista veri. In ogni caso saremo preceduti da Ustmamò e Disciplinatha le cui canzoni sono più adatte a questo tipo di spettacolo...

S.S.: Qual è la canzone che gli altri hanno assolutamente voluto inserire e quale, invece, amate di più tu e Giovanni?

M.Z..: La tentazione più grossa riguardava "Spara Yuri". Erano anni ormai che non la facevamo più dal vivo! Secondo noi, Yuri aveva già sparato abbastanza. Gianni e Francesco, invece, non la pensavano così! Con grosso disappunto da parte degli altri abbiamo bocciato clamorosamente "Radio Kabul", mentre su "Palestina" eravamo tutti d'accordo. In Giovanni ed in me, il sentir suonare questi vecchi brani con nuovi arrangiamenti suscita delle emozioni strane. Da questa esperienza stiamo ricavando degli stimoli nuovi.

S.S.: Pensate di riformare un gruppo?

M.Z.: No, perché quando, per dieci anni, suoni solo la chitarra, alla fine ti viene voglia anche di fare qualcos'altro! Noi non ci siamo mai considerati dei musicisti o dei cantanti; tutto è stato molto casuale. Era il nostro modo di proporci pubblicamente, ma era assolutamente causale. Tant'è vero che io, proprio per il fatto di non poter fare nient'altro che suonare per un così lungo periodo, in questi ultimi due anni, mi sono sfogato e mi sono rovinato le mani facendo dei lavori manuali come spaccare legna o cose del genere. Dopo tanto tempo, non hai più voglia di far sì che tutto quello che fai sia subordinato ad un manico di chitarra...

S.S.: Ma è mai stato subordinato?

M.Z.: In qualche modo si, perché se devi incidere un disco o fare un concerto devi anche essere in condizione di saper materialmente tenere in mano lo strumento e, per esempio, non puoi procurarti calli o ferite alle mani facendo un lavoro manuale che ti diverte.

S.S.: E' strano, comunque, immaginare qualcosa a cui i CCCP potessero essere subordinati...

M.Z.: E' vero, però, quando prendi un impegno devi anche darti una specie di disciplina interna in modo da poterlo rispettare. Giovanni non faceva il bagno freddo prima dei concerti, perché altrimenti la gente che era venuta ad ascoltarci non avrebbe potuto sentire la sua voce; io non potevo fare altre cose e gli altri pure... E' una disciplina che sei costretto ad accettare; lo fai volentieri, perché fa parte del gioco, ma alla lunga sono proprio queste banalità che ti stancano...

S.S.: Parli dei CCCP come di un gruppo totalmente superato...

M.Z.: "Gli anni '80 erano tanto tempo fa"; lo dicono anche gli Ustmamò in una loro canzone. Ormai è trascorsa una vita, da allora! I CCCP appartenevano al decennio scorso e, adesso, i decenni sono molto veloci! Magari verremo ripescati nel 2010!!!

S.S.: Un ripescaggio in tempi più brevi, non pensi potrebbe essere utile?

M.Z.: No, perché le cose vanno avanti lo stesso, indipendentemente dai CCCP! Tutto quello che resta lo puoi leggere, ahimè, nella storia del rock italiano.

S.S.: Perché hai detto: "Ahimè"?

M.Z.: Perché avremmo voluto essere ricordati per altre cose, non ci siamo mai sentiti un gruppo rock! Probabilmente continueremo a suonare, ma non come CCCP. Non esiste più nemmeno lo Stato che si chiamava CCCP!

Il tempo è tiranno e rimando ad un momento più propizio altre domande; adesso non mi resta altro che raggiungere le gradinate dell'Anfiteatro del Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, sedermi ed attendere, impaziente, lo svolgimento del "Maciste contro tutti". La serata è calda; l'estate non è ancora finita. Ripenso alle parole di Zamboni ed azzardo un paragone fra la tristezza che si prova quando la bella stagione lascia, inevitabilmente, il posto alla brutta ed il dispiacere di non poter più ascoltare uno dei gruppi più innovativi che mai abbiano operato in Italia. Massimo, però, ha ragione. Non avrebbe avuto senso continuare a suonare come CCCP, visto che si tratta di una ormai anacronistica sigla; di una denominazione geografica caduta irrimediabilmente in disuso e soppiantata dalla più recente C.S.I.: Comunità degli Stati Indipendenti. Sotto le macerie del muro di Berlino, ovviamente, erano rimasti sepolti anche coloro che la "linea" non riuscivano più a capire dove fosse finita, quelli che non capivano più a cosa si potesse essere "fedeli".
Nonostante gravi disagi, però, la Comunità Sovietica sta lentamente conquistandosi un nuovo futuro ed il suo esempio non poteva che essere seguito da Ferretti e Zamboni. E' Giovanni che, annunciando i gruppi partecipanti al "Maciste contro tutti", comunica alla folla il nuovo nome della sua band: C.S.I., ovvero Consorzio dei Suonatori Indipendenti!!! E' l'inizio di una serata memorabile! Chi, come me, era fra i presenti non dimenticherà facilmente questo spettacolo. Il "la" alla kermesse è dato dagli Ustmamò, i quali esordiscono, naturalmente, con una composizione scritta per loro da "Maciste", anzi Ferretti, in persona: "Filikudi". A questa seguono a ruota altri brani tratti dal loro primo e, solo per poco tempo ancora, unico long playing. Grazie alla bravura dei suoi componenti, la giovane band emiliana con "Amniramp", "Ustmamò, "Voglio 100 pecore" e "Vietato vietato" riesce a coinvolgere sempre di più la folla che alla fine canta con loro "Finkela barca va", strano remake del famoso brano di Orietta Berti con il quale gli Ustmamò lasciano il palco ai Disciplinatha. Inutile tentare di fare dei paragoni fra il primo ed il secondo gruppo in scaletta; in comune hanno solo il fatto di essere stati ammessi alla corte dei "Dischi del mulo". Prima di stasera non avevo mai avuto l'opportunità di vedere "on stage" i Disciplinatha; l'impatto che hanno sul pubblico è fortissimo. L'abbigliamento elegante del cantante stride con la sua voce selvaggia e gli "interventi" di Valeria, Roberta e Vanessa, le tre donne della band, le quali sembrano in preda ad un isterismo di tipo religioso arcaico. Non è un semplice concerto il loro: suoni, voci e gesti scaraventano gli astanti in un desolato mondo del possibile futuro post-atomico. Con l'abito da travet ed una grinta vocale inquietante, Cristiano si aggira sul palco armato di microfono, vaneggiando come un sopravvissuto che rifletta ad alta voce sullo sfacelo che gli sta d'intorno dopo un attacco nemico.
I Disciplinatha attaccano il loro set con "Nazioni", tratta dal disco realizzato con la produzione di Zamboni e Ferretti, proponendo subito dopo "I love you" (grandiosa!!!), "Vi ricordate quel 18 Aprile" e "Addis Abeba", prima di chiudere il gig con l'altro brano che fa parte dell'EP edito per i Dischi del Mulo, cioè "Crisi di valori". La loro esibizione è "terrorismo musicale"; sul palco sono riusciti a trasgredire a talmente tante regole del fraseggio musicale che nessuno riesce a capacitarsi di come si possa essere arrivati ad osare tanto.
Senza effetti speciali e senza costosissimi trucchi, i sei giovani artisti non solo feriscono, ma infieriscono. Appena terminato il secondo atto di "Maciste contro tutti"; punk dalle colorate capigliature, intellettuali di sinistra con la bandiera rossa ripiegata nello zaino, curiosi, estimatori "fedeli", musicisti, addetti ai lavori, ecc.; insomma, tutta la gente convenuta, in molti casi anche da città lontane come Bari o Torino, è in trepida attesa! L'atmosfera è carica di tensione! Le luci si spengono ed accolta da grandi applausi, fa il suo ingresso in scena il Consorzio dei Suonatori Indipendenti. Giovanni "Maciste" Lindo Ferretti e compagni non si perdono in chiacchiere; a riempire il cielo non sono fatui convenevoli, ma l'ossessivo ritmo di "Narcos". La voce che per tante volte, in passato, era penetrata attraverso le orecchie nei meandri più reconditi della nostra mente è di nuovo amplificata da un microfono e grida: "Sai che fortuna essere liberi, essere passibili di libertà che sembrano infinite... Il mondo si sgretola, rotola via. Succede è successo; si sgretola e via". A sgretolarsi, stasera, sarà il fantasma dei CCCP; ogni canzone, recente o meno, reinterpretata di sana pianta, assume un significato diverso.
"Emilia paranoica" e "Spara Yuri", forse le canzoni più conosciute del vecchio repertorio, vengono liquidate subito. Ferretti sembra quasi sofferente nel riproporle; eppure, nonostante l'anno della composizione, entrambe sono ancora oggi fra i brani più trasgressivi che siano mai stati scritti nella nostra Nazione. Non c'è più tutto l'apparato scenico che trasformava i concerti della defunta formazione in veri e propri spettacoli multimediali, ma i nuovi arrangiamenti, la grande abilità di Gianni Maroccolo al basso, la fantasia di Francesco Magnelli alle tastiere, ecc... non permettono a nessuno di rimpiangere i "vecchi tempi".
Manipolate dal C.S.I. ascoltiamo per la prima volta "Rozzemilia", "Palestina" e "Svegliami". Alcuni brevissimi excursus in "Valium Tavor Seranase" o "Punk Islam" fanno alzare in piedi la folla, ma i Suonatori, nonostante la gente si accalchi sotto il palco, concedono soltanto una breve serie di accordi delle due canzoni e per qualcuno questo è motivo di delusione. Chi era giunto qui stasera per fare festa non tornerà a casa soddisfatto. "Maciste" sta sfidando sia chi vorrebbe ritrovare la vecchia linea, sia chi sta cercando risposte sul futuro! Per soddisfare i primi sarebbe bastata una scaletta con brani dal ritmo via via più martellante; per i secondi, una canzone nuova, magari piena di riferimenti ideologici ai quali appigliarsi. I C.S.I., però, non sono burattini al soldi di qualche holding discografica potente e non scrivono per compiacere i potenziali acquirenti e magari finire in classifica. Da sempre, chi li ama lo fa proprio perché raccontano, con durezza e sincerità, verità scottanti del nostro quotidiano; dal centro del palco, adesso, con lo sguardo fisso nel vuoto, Ferretti invoca "Madre"... "Maciste", comunque, non si arrende neanche quando, di notte, "i cani abbaiano e saltano i cavalli" e dopo una brevissima pausa arriva anche il momento dei bis, fra i quali è incluso, con molti bpm in meno, "Tu menti". Come nel doppio testamento "Epica Etica Etnica Pathos", l'ultimo brano in scaletta è "Annarella". Non so perché, ma anch'io mentre esco dall'Anfiteatro canticchio: "Non è ancora finita!".

Stefania Sandrolini


Qualche mese tempo dopo aver ricevuto il pezzo firmato da Stefania (e comunque prima che avessi modo di ascoltare "Maciste contro Tutti") ho deciso che forse era il caso di risentire Giovanni per capire meglio.

V.A.: Allora cosa è successo in questi ultimi tre anni...

G. Ferretti: E' successo che i CCCP si sono sciolti e per un po' di tempo non hanno fatto assolutamente niente, poi io sono andato a sentire un gruppo di ragazzini che abitano nella valle dove abito io, mi erano piaciuti molto ed ho pensato che, non avendo più voglia di fare il cantante o meglio di fare niente, potevo mettere un po' della mia esperienza e conoscenza a disposizione di questi ragazzi che mi piacciono molto per come affrontano la musica e che erano tagliati fuori da ogni possibile contatto. Ho convinto Massimo Zamboni ad aiutarmi ed abbiamo messo in piedi un'etichetta, appunto i Dischi del Mulo, senza grandi progetti in realtà, il progetto era fare un disco con questo gruppo che si chiamava Ustmamò. Poi è difficile fare una cosa, trovare gratificazione e soddisfazione e lasciarla perdere, così abbiamo cominciato a lavorare con i Disciplinatha, che sono sempre dei nostri vicini di casa - sono dei bolognesi noi dei reggiani - e poi abbiamo continuato anche se con molta lentezza, dovendo decidere bene le cose che si possono fare, perché in realtà non siamo neanche una piccola etichetta, siamo solo due persone che hanno voglia e piacere di produrre della musica nuova; e proprio qualche settimana fa abbiamo finito la terza produzione che è un disco di un gruppo sempre della pianura padana, che si chiama En Manque D'Autre, ma che d'ora in poi si chiamerà Acid Folk Alleanza ed è un disco che speriamo di vedere presto pubblicato. Poi abbiamo fatto anche un disco di una vecchia cantante popolare della nostra terra con registrazioni fatte da Roberto Ledi, si chiama Giovanna Daffini. Quindi in realtà abbiamo fatto quattro dischi, e ci apprestiamo a terminare il nuovo Ustmamò.

V.A.: Ai Dischi del Mulo si riconosce la felice intuizione di diversificare la distribuzione in rapporto al prodotto che realizza. E' stata una intuizione vincente...

G.F. Per noi è stato in qualche modo un discorso obbligato, non è stata una grande idea. Sono abbastanza lontani da noi i discorsi di un approccio ideologico, non ci hanno mai riguardato granché. Che il problema della musica sia un problema molto ampio, oltre ad essere un problema di vita e di sopravvivenza, di piacere ed amore, è anche il problema di una grande industria economica; vorremmo trattare la musica per quello che è, e non per qualcosa che ci piacerebbe che fosse. Abbiamo pensato brutalmente che un gruppo come gli Ustmamò ci sarebbe piaciuto distribuito e nello staff di una grande casa perché è un gruppo di ragazzini, perché sono giovani e perché secondo noi sono bravi ed hanno una vita musicale possibile davanti a loro. Per cui abbiamo lavorato con la Virgin. Quando abbiamo cominciato a lavorare sui Disciplinatha il problema si è reso subito molto chiaro, nessuna etichetta discografica, nessuna grande o piccola major voleva i Disciplinatha. A noi invece stanno a cuore, al di là di tutto quello che si può dire e detto su di loro, per cui abbiamo pensato se nessuno li voleva ce li producevamo noi e li abbiamo dati in distribuzione ad Helter Skelter.
In realtà abbiamo, in questi anni, continuato a girare per case discografiche per renderci conto come si muovono e che idee vanno per la maggiore e non ci siamo trovati granché bene, devo ammettere che le peggio cose che si pensano delle case discografiche in realtà sono vere. Poi abbiamo conosciuto Caterina Caselli; io ho fatto il numero della Sugar, ho tirato su il telefono, mi sono presentato e ho detto che volevo fare due chiacchiere con la signora Caselli. Sono andato a Milano e abbiamo cominciato a parlare con lei della musica moderna, di quello che viaggia in questo nostro paese ed abbiamo prodotto gli En Manque D'Autre che hanno cambiato nome per la Sugar Dischi. La raccolta di dischi della Daffini non interessava proprio nessuno nessuno, ma perché in realtà pur essendo una grandissima cantante, ci sono diverse università americane che usano le sue registrazioni come programma di studio di etnomusicologia ed è considerata forse la più grande cantante folk Europea di questo secolo e molto probabilmente lo è, però non ha un mercato commerciale per cui anche per lei non siamo riusciti neanche a convincere la Coop a distribuirla nei supermercati ed è distribuito quindi da Materiali Sonori. Cerchiamo, sì in realtà, rispetto alle cose che stiamo facendo di trovare la soluzione migliore per commercializzarle. Bisogna tener presente che in Italia e in tutto il mondo escono una valanga di dischi mensilmente, ed è inutile fare un disco bello se poi non si può distribuire, è peggio che non farlo.

V.A.: Questo riguarda la vostra attività di produttori, ma recentemente si è tornato a parlare di voi grazie ad un progetto dal titolo "Maciste Contro Tutti"...

G. F.: Siamo stati spinti a tornare su di un palco da tante cose, ma soprattutto dalla perseveranza di Gianni Maroccolo. Gianni aveva fatto, insieme a Francesco Magnelli, l'ultimo disco dei CCCP e si è sempre molto dispiaciuto per non aver poi dato seguito a questa storia. Lui ci aveva promesso durante la conferenza stampa che abbiamo fatto a Milano quando ci siamo sciolti che sarebbe stato un martello pneumatico; ha mantenuto la sua promessa, per cui dopo due anni, quando ci ha proposto una sera particolare al Festival delle Colline di Prato, un posto molto bello con della gente che noi stimiamo, non siamo riusciti a dirgli di no! Per cui dopo averli detto di sì, ci sono piovuti addosso un sacco di problemi, ci abbiamo messo un paio di mesi, io e Massimo, per capire perché avevamo detto di sì. Indubbiamente avevamo voglia di tornare su di un palco per vedere quanto i cambiamenti delle cose avevano influito sulla capacità e voglia di stare sul palco. Poi ci piaceva provare, dopo la storia dei CCCP, una serata in cui non ci fosse nient'altro che musica, in cui non ci fosse spettacolarità di nessun genere, ci piaceva provare dal vivo l'utilizzo di una batteria suonata da un batterista, ci piaceva l'idea di avere tanta gente davanti a noi. Poi ci piaceva anche in realtà dare una mano a Ustmamò e Disciplinatha. Insomma c'erano tantissimi motivi e sicuramente ne sto dimenticando degli importanti, abbiamo quindi fatto questa serata e c'è piaciuta moltissimo. Stranamente è successa questa cosa abbastanza imprevista da parte nostra, eravamo convinti di fare questa serata e di chiudere lì. Un po' come uno scongiuro nei confronti degli anni '80, una sorta di liberazione. Poi invece alla fine della serata era stato molto piacevole e forse valeva la pena di farne altre quattro o cinque in giro per l'Italia. "Maciste contro Tutti" è un po' la situazione in cui ci troviamo ognuno di noi adesso, quando pensiamo a noi stessi in rotta contro il mondo. Noi abbiamo la fortuna di essere in tanti in questa posizione individuale per cui sommando i musicisti dei CCCP, i nuovi arrivati, gli Ustmamò e i Disciplinatha, una corista nostra amica, ci siamo trovati sul palcoscenico in diciannove, con i nostri tecnici, ed abbiamo anche registrato la serata, pensando che dopo due anni che non salivamo sul palco e senza volerci preparare granché, perché non avevamo voglia in realtà di fare i bravi professionisti, volevamo anche ricordarcene e visto che non abbiamo mai registrato un disco dal vivo ne abbiamo approfittato per farlo, e dopo averlo mixato ci siamo resi conto che ne siamo anche contenti, perché è una bella fotografia della nostra situazione.

V.A.: Il tutto poi avete pensato di battezzarlo come Consorzio Suonatori Indipendenti...

G.F.: In realtà noi siamo gli ex CCCP, e penso che da questa cosa sarà difficile liberarsi, ma non è bello essere identificati come qualcosa che è stato, in realtà noi siamo tuttora qualcosa, forse qualcos'altro, forse la stessa cosa. La sera prima, siccome toccava a me aprire la serata, ho pensato bene io presento gli Ustmamò, presento i Disciplinatha ma non presento gli ex CCCP, perché io non sono un ex, neanche Zamboni è un ex, gli altri addirittura non hanno mai fatto parte dei CCCP, anzi loro vengono da un'altra grande storia della musica italiana di questo decennio, il batterista ed il percussionista non hanno nulla a che fare con questa storia, e si trattava di inventarsi un nome che fosse minimamente significativo, per cui ci è venuto in mente che l'ex CCCP si chiama Confederazione degli Stati Indipendenti, noi eravamo dei suonatori e quindi potevamo chiamarci Consorzio Suonatori Indipendenti. Da qui ha preso avvio un'altra storia di cui ci siamo resi conto solo in un secondo momento, di tutte le implicazioni che questo nome aveva. In realtà quando trovi un nome e ti fa ridere per quante implicazioni contenga, in realtà hai trovato un nome giusto. Sei stato battezzato bene, non so da chi, probabilmente dalla fortuna.

V.A.: A questo punto mi viene spontaneo chiederti dove sono finiti Annarella e Fatur...

G.F.: Daniele credo sia in studio a registrare il suo primo disco con il gruppo che ha recentemente formato, Fatur and The Fax, hanno lavorato un po' dal vivo nell'ultimo anno e sta uscendo il loro primo disco. Annarella ha deciso che dopo essere stata la beneamata soubrette dei CCCP non aveva voglia di fare assolutamente nient'altro e quindi ha lavorato in questo anno e si prepara a trasferirsi in India, ha fatto prima un viaggio in India e ha deciso che quello è il posto in cui vuole vivere i prossimi anni.

V.A.: Ma quanto è probabile che ci sia un seguito per i C.S.I., con nuovi brani e un nuovo album...

G.F.: Questo proprio non sono in grado di dirtelo. Credo che se i concerti che stiamo facendo saranno dello stesso tenore del concerto che abbiamo fatto a Prato, è facile che escano delle canzoni nuove. Noi generalmente abbiamo sempre suonato dal vivo i nostri nuovi brani prima di entrare in studio, potrebbe succedere una cosa di questo genere anche stavolta, perché credo che ci sia un po' di aria nuova in giro, e forse chissà riuscirà ad inebriarci. In realtà avevo deciso tre anni fa di lasciare perdere completamente il mondo della musica, ma è stata un promessa che non sono riuscito assolutamente a mantenere. E' più forte l'amore nei confronti della musica di tutti i problemi di ribrezzo che a volte il mondo musicale può produrre.

Vittorio Amodio




Grazie a Marco Mataloni per il materiale.