CCCP
di G. Moyet
Era moltissimo tempo che non sentivo parlare di loro, ed era anche moltissimo tempo che non ci vedevamo, così dopo qualche appostamento telefonico per trovarli nel loro nascondiglio segreto, siamo finalmente riusciti a scambiarci un po' di notizie preziose. Quello che segue è uno stralcio della lunga telefonata fatta alla fine del mese di marzo.
Vinile: Che cosa si prova ad essere il gruppo più conosciuto del panorama italiano?
Massimo Zamboni: Tengo a precisare che il panorama che hai nominato tu è quello underground. Poi non credo che siamo il gruppo più conosciuto di questa nostra penisola, ma se anche così fosse tu sai quanto poi sia stretto questo panorama. Detto ciò quello che comunque provo è piacere perché vuole dire che dopo quattro anni qualcosa è stato fatto. La gente ci vuole bene e l'essere conosciuti ci sta permettendo di pensare quasi esclusivamente solo ai C.C.C.P. Mi viene in mente ora che quando abbiamo iniziato a suonare ci spingeva il desiderio di intervenire in maniera diversa nella musica. Cantare in italiano, chiamarci C.C.C.P., andare contro l'occidente, insomma un po' controcorrente per il panorama italiano di allora, era una scelta veramente diversa e il fatto stesso che ora io sia qui al telefono a parlarne con te significa semplicemente che è stata una scelta giusta, e che tutto è andato nel senso giusto.
V.: Quanti dischi avete venduto?
M.: Esattamente ... che ne so. Questo è uno dei problemi che abbiamo in questi tempi, non sappiamo quanti dischi abbiamo venduto e questa voragine finanziaria ha procurato un pochino di tensione tra noi e la nostra casa discografica e devo dire che questo mi dispiace molto, perché noi e l'Attack Punk si può dire che siamo cresciuti assieme.
V.: In che senso...
M.: Nell'unico senso possibile, cioè noi suonavamo nella nostra cantina e non ci conosceva nessuno e l'Attack Punk aveva una gestione per così dire familiare, fatta di una o due persone al massimo. Noi in quattro anni siamo cresciuti e anche il numero dei nostri sostenitori, ma l'Attack Punk non è cresciuta, mi spiego meglio, essendo restata piccolina, poca gente ci lavora e le richieste sono tante, le cose da fare in una casa discografica sono tante (produzione, promozione, pubblicità, seguire i gruppi, etc. etc.) e un nucleo ristretto di persone non può fare tutto...
V.: Capisco e credo che la causa sia nel ristretto significato che ha qui da noi la parola "ALTERNATIVA"...
M.: Hai centrato in pieno, 90 volte su 100 in Italia questa parola assume un aspetto S P A V E N T O S O.
V.: Avete mai avuto proposte da altre case discografiche?
M.: Sì da alcune.
V.: Da quelle grosse?
M.: Da quelle che stanno a Milano per intenderci.
V.: Quindi siete orientati mi pare di capire verso una Major?
M. No perché le case discografiche ufficiali ci spaventano almeno un po'. E poi se con una piccola casa tutto funziona come si deve, non vedo il motivo di firmare con una grande.
V.: Mi è sembrato dl capire che c è un po' di paura verso le grandi case discografiche?
M.: Paura non proprio, se mai molta diffidenza. Non credo/diamo che ci lascino liberi totalmente nelle nostre scelte e se anche lo fosse mi sentirei sempre sotto controllo. Insomma non sono disponibile a vendermi per il solo colore del denaro. Mentre con una piccola label avremmo certamente il controllo totale su cosa vogliamo fare e in quale direzione andare. Ti ho già detto che vorrei solamente che le cose funzionino.
V.: Progetti futuri?
M.: Trovare una casa discografica e pubblicare un nuovo 45 giri che abbiamo appena finito di registrare ed è pronto per essere stampato.
Giovanni L. Ferretti: Oltre a risolvere questo nostro problema, stiamo preparando uno spettacolo nuovo che vorremmo presentare dal vivo quanto prima possibile. Quindi suonare, suonare, suonare. Soprattutto all'estero in giro per l'Europa e poi forse in U.S.A. e precisamente a New York. Noi non abbiamo fatto niente per andare in America e tu lo sai, ma degli americani ci hanno visto in un video in un negozio di Riccione e si sono interessati a noi.
V.: Un video!?!
G.: Sì era la registrazione di un nostro concerto tenuto all'Aleph, così ci hanno parlato di questa possibilità. Andare a N.Y. e suonare all'AREA che per quanto ne so è l'equivalente americano dei nostri posti alternativi, insomma dove gravita gente come noi. Poi non so se avremo questa opportunità, come ci comporteremo, ma sarà una buona occasione di confronto.
V.: Come giudicate il panorama musicale italiano?
G.: Non è nei nostri canoni giudicare, ma ti posso dire che non apprezziamo molto il panorama musicale di questi tempi, figurati quello italiano, poi non abbiamo molto tempo per andare ai concerti e non ne capitano spesso dalle nostre parti.
V.: Qual è il vostro rapporto con i MEDIA?
G.: Mi piace fare interviste, ma ho problemi a interpretare il mondo reale. Comunque dipende da chi sono, come si avvicinano a noi, se sono simpatici... Insomma in una intervista i fattori sono molteplici se c'è umanità tutto va meglio. Anche se in passato qualche casino con la stampa c'è stato, non abbiamo paura di loro.
V.: Come siete finiti in televisione nello special dedicato ai gruppi rock della U.R.S.S.?
G.: È successo così per caso. Uno ci ha cercato per telefono, lui era simpatico e ha proposto la cosa, io non sapevo nemmeno chi era e tutto è stato fatto in due giorni, poi quando lo abbiamo incontrato ci siamo resi conto di chi era. Lo avevamo visto centinaia di volte alla televisione. Comunque noi non andiamo a cercare la stampa o la televisione. Se succede, succede per caso. Diciamo comunque che per il più delle volte la stampa ci vuole bene.
V.: Vi piacerebbe suonare in Russia?
G.: A noi piacerebbe, ma non siamo mai andati in una ambasciata a dire "Buon giorno, noi siamo voi e ci piacerebbe venire a suonare a casa". Diciamo che comunque attraverso l'Associazione Italia-U.R.S.S. dell'Emilia qualcosa e stato fatto. O meglio loro hanno chiesto per noi se potevamo andare a suonare in Russia, ma la burocrazia è lenta e per avere una risposta ci vogliono due anni, così almeno ci hanno detto. Uno è trascorso. Siamo a metà. E anche noi siamo in pezzi, abbiamo tante decisioni da prendere...
Grazie a Marco Mataloni per il materiale.